La quotidianità con Carl si sta rivelando sempre di più un’altalena emotiva, che alterna momenti di sconforto a momenti di speranza. Ciò non di meno, poco a poco, le cose sembrano costantemente migliorare.
Dal punto di vista fisiologico, Carl ormai ha trovato il proprio equilibrio: mangia tanto, beve tanto, e rivolta con entusiasmo la sabbietta in tutte le occasioni in cui ne ha bisogno. Predilige certo quando io non sono in casa, ma anche con me a portata di zampa non sembra farsi particolari scrupoli, a patto che, ovviamente, io appai distratto o in altra stanza.
Dopo il successo di ieri, con la medicina, anche oggi tutto è andato bene. E se anche domani tutto andrà bene, una delle due medicine finirà l’applicazione, mentre con l’altra dovremo andare avanti ancora per qualche giorno… ma, almeno per il momento, la cosa non mi preoccupa più, dato che, appunto, l’entusiasmo nel mangiare, bere e andare in bagno non gli manca.
Quello che, ora, inizia a starmi un po’ a cuore è il suo benessere psicologico. Forse vittima, io stesso, di questa quarantena che sta durando ormai da sessanta giorni e che, in buona sostanza, ancora non ha trovato per molti una reale soluzione (personalmente non sono ancora tornato al lavoro, non ho ancora potuto andare a visitare la mia famiglia, e, in linea generale, non ho ripreso nulla delle attività proprie della mia vecchia vita pre-CoVid); non riesco a sopportare l’idea che Carl possa trascorrere tutto il giorno rintanato in quel buco sotto il calorifero, senza neppure spazio per muoversi. Ogni volta che cerca di girarsi, ogni volta che cerca di lavarsi, lo sento tirare sonore zuccate contro il termosifone… e mi distrugge il pensiero che – cavolo! – avrebbe un’intera casa a disposizione se soltanto fosse un po’ meno cocciuto nel voler restare lì assediato.
Però non posso certamente costringerlo a uscire di lì contro la sua volontà. E, in questo, tutto ciò che posso fare è tentare di guadagnarmi ancora un po’ la sua fiducia.
Dopo l’esperimento iniziato ieri con i premi, oggi mi ripeto. Ma non glieli passo più attraverso i cardini della porta, quanto e piuttosto sdraiandomi a terra e facendo capolino all’imboccatura della porta stessa, per poterlo guardare (… ovviamente non negli occhi, per evitare di porlo in soggezione!) e per potergli, così, allungare i premi, parlandogli e sperando, in questo modo, di associare nella sua mente un pensiero positivo alla mia immagine e alla mia voce.
Il fatto che, tuttavia, ogni volta che allungo la mano lui risponde soffiando, dimostra quanto ancora molto ci sia da lavorare…
Un’evoluzione inattesa, tuttavia, avviene a tarda serata, verso mezzanotte.
Al solito ero in soggiorno a disegnare e, a un certo punto, verso le dieci di sera, Carl decide di voler andare in bagno. Esce dal soggiorno, fa quello che deve e poi si va a rifugiare in camera, dietro la tenda. Io finisco di disegnare e, al solito, passo in camera, per andare a completare l’opera al computer. Carl è molto vicino al computer, ma resta lì fermo confidando nella protezione della tenda. Quando tuttavia vede che io lì mi ci voglio piazzare, passa quatto quatto sul fronte opposto e approfitta del primo momento utile per sgattaiolare via.
Verso mezzanotte finisco il lavoro e mi preparo per andare a dormire. Vado in soggiorno per bere e per dare la buonanotte a Carl, dando per scontato che lui sia dietro la porta. Ma lui non è dietro la porta, quanto e piuttosto sotto una delle sedie vicino al tavolo!
Vedendomi si blocca, e io mi blocco uguale. Poi sorrido, gli parlo pacatamente e mi siedo a terra, per fargli capire che non desidero fargli del male. Lui resta lì incerto nell’osservarmi: è la seconda volta che si pone in campo aperto a confronto con me, la prima in assoluto alla luce. Restiamo così in stallo per qualche istante. Io penso a quel punto di allungarmi un attimo all’indietro fino ai premi, che disordine mi aveva fatto lasciare a portata di braccio: nel mio movimento, però, lui approfitta per correre verso il cucinino e accennare a rifugiarsi sotto il lavello, dove tutto praticamente ha avuto inizio…
… sconforto totale…
Vederlo tornare al lavello mi riporta a lunedì pomeriggio e, improvvisamente, mi sembra che tutto il lavoro di questi giorni possa essere andato vanificato.
Continuo a parlargli, chiedendogli di non farlo.
Lui si arresta, metà fuori e metà sotto il mobile. E mi guarda.
Io cerco di non perdermi di fiducia, tiro fuori un paio di premi e li faccio scivolare a terra verso di lui, a dimostrazione di buone intenzioni.
Carl si muove verso di me, osserva i premi, ma non è ancora convinto, così si va a mettere vicino al muro sotto il tavolo e continua a guardarmi: è tornato in campo aperto, non avendo il tavolo, certamente, a rappresentare un grande riparo.
Restiamo lì per qualche istante a parlare. E poi Carl, lasciando perdere i premi, si volta e salta sul divano. Sono praticamente certo che stia per buttarsi dietro la porta, quanto, invece, prosegue oltre e torna in camera, malgrado la luce della camera sia accesa.
Bevo, raccolgo i premi e vado anche io verso la camera, individuandolo di nuovo sotto la tenda. Con discrezione gli allungo i premi da sotto la tenda e poi mi metto a letto, spegnendo la luce.
Il suo crunch crunch è l’ultimo suono che sento prima di dormire.
Sesto giorno.
Dai!!! Continua così Mac!!! 🍀🍀❤️❤️😍😍
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